Insieme ad un gruppetto di sloveni
e ad un’altra coppia di italiani
scendiamo anche noi, fra sentieri
ripidi e scalini di cemento scivolosi,
dentro a questo reame oscuro e antichissimo,
fra i canyons e i crepacci creati dal Reka
nel corso di ere geologiche.
Noi, con la nostra breve storia
che gia ci pesa, quasi, a volte,
passiamo fra enormi stalagmiti
di 250.000 anni pensando
che manca ancora un lungo mese
prima delle sospirate ferie,che forse
sara solo fra cinque anni che finalmente
avremo una casa davvero nostra.
Nel passaggio fra la “grotta del silenzio”
e quella “del rumore”, la guida gentile
che ci accompagna, cosi, come in un gesto
vago illumina con la sua torcia il millimetrico
spazio d’aria fra una stalattite e una stalagmite
che stanno per unirsi. Le chiedo fra quanto
tempo creda possa avvenire il contatto:
“una cinquantina d’anni, anche meno, forse”
mi risponde, come parlando d’un evento imminente
in quel luogo monumentato in una lentezza
umanamente inimmaginabile.
Nel fragore dell’acqua, mentre passiamo
sul ponticello sospeso a sessanta metri d’altezza
mi chiedo cosa saro, cosa saremo quando qui sotto, in questo buio avverra quel contatto;
se ci saremo, ancora, o se sara quel nostro
figlio che e solo un pensiero, ora, a passare
di qui, allora, senza sapere cosa rappresentarono
per noi, quei millimetri di spazio, senza sapere
che anche li noi l’abbiamo immaginato.
6/7/02 grotte di Skocjan (Slovenia)